La L.R. Sicilia n. 15/2005 dispone che le concessioni demaniali marittime possano essere rilasciate o rinnovate solo per le attività consentite dalla legge stessa. Invero, piuttosto che dalla loro puntuale elencazione - che di per sé può al massimo costituire un indizio della volontà del legislatore ma non giustificarne la postulata natura giuridica - l'asserito carattere “tassativo” delle ipotesi di attività che possono giustificare il rilascio delle concessioni sul demanio marittimo trova fondamento nella ratio complessiva che ne sorregge la formulazione. Non è pertanto possibile rilasciare concessioni a fini abitativi privati.
La proroga ex lege (in alternativa alla revoca) della concessione demaniale marittima avvenuta in base alla L.R. Sicilia n. 15/2005, il cui comma 3 dell'art. 1 dispone che "...le concessioni quadriennali in corso di validità al momento dell'entrata in vigore della presente legge sono alla scadenza rinnovate per sei anni, fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 42 del codice della navigazione, subordinatamente al pagamento dei canoni determinati dal decreto di cui all'articolo 3, comma 2...", è incompatibile con il diritto comunitario, posto che l'Amministrazione avrebbe dovuto avviare - previa disapplicazione, per contrasto con l'art. 12 della direttiva 123/2006 UE, del terzo comma dell'art. 1 L.R. n. 15/2005 e dell'art. 18, primo comma, del Regolamento di Attuazione al Cod. Nav. - il procedimento di pubblicazione ed esame comparativo delle più domande (eventualmente) presentate.
L'omissione di contestazioni da parte della pubblica amministrazione non può ritenersi, di per sé, atto univoco e concludente, incompatibile con la volontà di conservare la destinazione del bene dell'uso pubblico, risolvendosi in semplice inerzia degli organi competenti
Il procedimento di delimitazione ai sensi degli artt. 32 cod. nav. e 58 reg. es. co. nav. risulta indispensabile nel caso in cui ricorra un'oggettiva incertezza da superare mediante un formale contraddittorio sull'esatta posizione dei confini del demanio marittimo e da esso può prescindersi nel solo caso in cui non sussista alcun dubbio sull'estensione del demanio in relazione sia alle risultanze catastali, sia alla loro coincidenza con le misurazioni effettuate in loco.
La tassa per l'occupazione di aree pubbliche (TOSAP) ed il canone di concessione per il suolo oggetto di occupazione (COSAP) hanno natura e presupposti impositivi differenti in quanto la prima è un tributo che trova la propria giustificazione nell'espressione di capacità contributiva rappresentata dal godimento di tipo esclusivo o speciale di spazi ed aree altrimenti compresi nel sistema di viabilità pubblica, mentre il secondo costituisce il corrispettivo di una concessione, reale o presunta, dell'uso esclusivo o speciale di beni pubblici per l'occupazione di suolo pubblico.
Il provvedimento di diniego della proroga ex lege della concessione demaniale marittima, ricorrendone i presupposti, è illegittimo perché in palese violazione della legge nazionale 145/2018, ovvero l'unica normativa che possa applicarsi nella specie, attesa la prevalenza della legge nazionale sulla direttiva Bolkestein, che non è self-executing e pertanto non è suscettibile di diretta ed immediata applicazione per difetto dei presupposti, necessitando di apposita normativa nazionale attuativa e di riordino del settore e traducendosi in tal modo la cd disapplicazione in evidente mera violazione della legge.
Il rilascio di concessioni demaniali non può avere contenuto indeterminato quanto alla superficie che viene assegnata al privato e, a fronte dell'indeterminatezza dell'oggetto della concessione, l'Amministrazione è tenuta ad intervenire precisando quale sia la superficie effettivamente assegnata in concessione.
Nell'ambito del demanio stradale, ossia delle strade di proprietà di enti territoriali destinate al pubblico transito (art. 822, co. 2 c.c.; artt. 9 ss., l. 20 marzo 1865, n. 2248 All. F; l. 12 febbraio 1958, n. 126) non possono essere annoverate le strade vicinali, attesa la loro natura di beni privati ad onta della loro pubblica utilità.
L'art. 8 L.R. Puglia n. 17/2015 prevede in termini generali, quanto alle concessioni demaniali marittime, lo strumento di selezione della procedura di gara a evidenza pubblica, senza distinguere a seconda che venga in rilievo una concessione con destinazione ‘balneare' - cioè funzionale alla realizzazione di uno stabilimento balneare o di una spiaggia libera attrezzata - o meno.
Può ritenersi sussistente un ampliamento del cimitero solo nel caso in cui sia aumentata l'area cimiteriale, la quale è delimitata dalle mura perimetrali che, pertanto, per correttamente parlarsi di "ampliamento", devono essere spostate.
L'art. 58 del d.l. n. 112/2008, rubricato “Ricognizione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, comuni ed altri enti locali”, prevede due atti ben distinti della giunta e del consiglio comunale, sia pure in successione logica e cronologica, ma scolpisce il Piano delle Alienazioni immobiliari come atto dell'organo consiliare che quindi ben può ritirare senza il necessario coinvolgimento dell'organo giuntale.
La trama regolativa del servizio idrico integrato disciplinato decreto legislativo n. 152 del 2006 riflette una precisa “misura compositiva” tra fini sociali (l'erogazione di un bene fondamentale ma scarso) e sostenibilità economica. La scelta politica, in particolare, è consistita nella ricerca di un modello di gestione in cui trovi adeguata sintesi la dialettica tra efficienza, anche imprenditoriale, del servizio, nell'ambito dei vincoli europei, garanzia degli utenti, che sono titolari di un diritto fondamentale, e universalità del servizio.
Il principio secondo cui la decadenza delle concessioni demaniali marittime presuppone l'accertamento di fatti gravemente violativi degli obblighi imposti dal titolo o dalla legge, trova specifico recepimento per le irregolarità di tipo edilizio relative alla concessioni con finalità turistico-ricreative nel disposto di cui all'art. 1, co. 2 ter d.l. n. 400/1993, convertito dalla L. n. 494/1993, come introdotto dall'art. 1, co. 250, L. n. 296/2006, secondo il quale “le concessioni di cui al comma 1 sono revocate qualora il concessionario si renda, dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, responsabile di gravi violazioni edilizie, che costituiscono inadempimento agli obblighi derivanti dalla concessione ai sensi dell'articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 settembre 2005, n. 296.
Il provvedimento di diniego della proroga prevista dalla legge nazionale per le concessioni demaniali marittime da parte del dirigente comunale costituisce un mero atto illegittimo e non può integrare in alcun modo una attuazione della Bolkestein: a contrariis, infatti, il diniego di proroga delle concessioni sul territorio nazionale a “macchia di leopardo” non eviterà l'imminente ed altamente probabile avvio della procedura di infrazione nei confronti dell'Italia, che resterà inadempiente in assenza dell'approvazione della normativa di riordino della materia e di attuazione della direttiva.
L'estensione del divieto impositivo di cui all'art. 93, comma 2, d.lgs. n. 259/2003 a fattispecie di determinazione del canone che trovino il loro titolo in una fonte contrattuale e pattizia (accessiva alla concessione in uso del bene pubblico), scaturente dall'aggiunta apportata dall'art. 8-bis, comma 1, lettera c), d.l. n. 135/2018 alla norma di interpretazione autentica contenuta nell'art. 12, comma 3, d.lgs. n. 33/2016 a sua volta comportante l'ampliamento dell'ambito applicativo dell'art. 93, comma 2, d.lgs. n. 259/2003, deve qualificarsi alla stregua di nuovo ed innovativo precetto normativo: come tale, lo stesso - in mancanza di diversa disposizione espressa - è applicabile solo alle fattispecie future.
L'agevolazione di cui all'art. 63, comma 2, lett. e) d.lgs. n. 446 del 1997 presuppone, dal punto di vista soggettivo, che il soggetto occupante le aree pubbliche svolga attività di erogazione dei pubblici servizi (ovvero attività agli stessi strumentali) e, dal punto di vista oggettivo, che l'attività di erogazione sia in atto, posto che il canone va commisurato al numero delle utenze.
Come emerge dall'art. 63, comma 1, d.lgs. n. 446 del 1997, il regime del Cosap è alternativo a quello, propriamente tributario, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al d.lgs. n. 507 del 1993, che è ben passibile di modifiche in corso di rapporto, purché con effetti non incidenti su periodi trascorsi e dunque su debiti già maturati.
Nel caso di mancata conclusione del procedimento di project financing, sussiste la responsabilità precontrattuale dell'Amministrazione che, pur non adottando provvedimenti illegittimi, tenga un comportamento non ispirato al canone di correttezza e buona fede e, perciò, lesivo delle legittime aspettative ingenerate nel contraente privato ovvero della ragionevole convinzione del danneggiato circa il buon esito delle trattative.